Again

Again

È successo di nuovo, me l’hanno chiesto un’altra volta. Questa volta declinato in ”e perché hai firmato?”. Negli ultimi tempi ho raggiunto una maggior consapevolezza, che mi permette di prendermi il lusso di aspettare qualche secondo prima di rispondere, pur sapendo cosa dire. Uso quei secondi per guardare la persona che mi ha fatto la domanda. Vorrei rispondere ”perché se no prendevo degli schiaffi” (o dei pugni, o delle mazzate, o insulti, o torture psicologiche), ma mi rendo conto che spesso sia una frase un po’ forte da buttare sul tavolo in una conversazione con persone con cui non ho molta confidenza.

Avvocati. Mi consigliano di insistere, mentre mi dicono che non possono fare niente per me, in questo momento. Forse, si dice, quando sarò morta, ma non è garantito. Mi esortano a tenere una condotta opposta a quanto la psicologia raccomanda. Ovvero, a fornirgli nutrimento narcisistico, provocando reazioni. Psicologi, o psicologi. Lasciamo perdere, ché ultimamente ho avuto esperienze che definire imbarazzanti è poco. Per fortuna alcuni smettono la professione, anche se dubito moltissimo sia per autocritica.

Come dicevo tempo fa, per molti è ancora troppo difficile capire la questione della manipolazione. Questo mi fa pensare che tante persone siano manipolate senza che se ne rendano conto. Un’altra cosa difficile da capire è la consapevolezza più o meno estesa a seconda dei casi, di una donna che candidamente nonché dolorosamente ammetta ”sono stata manipolata”. Anche plagiata. Senza doversene scusare. Scusatemi, scusate tutti. Ero una dipendente affettiva, ma sto cercando di smettere.

Intanto, il nostro eroe continua a vestire firmatissimo , cambiare cellulare ogni due mesi perché il ‘vecchio’ non lo soddisfa più, andare alle terme, in palestra e a fare we romantici; si concede anche qualche extra, visto che gli avanzano soldi. Tanto, con la sua ex, può fare quello che vuole: non rimborsare le spese che il giudice ha stabilito, per cominciare. Avere comportamenti scorretti ma tirandosi indietro un secondo prima che sia troppo, perché è stato ben consigliato.

Pensare che il suo avvocato era una donna. Che la sua avvocato era ben consapevole della mia situazione economica. Informata del fatto che ero stata in un centro antiviolenza a cercare aiuto. Ciò nonostante, la signora ha lavorato a testa china, ed ha lavorato bene, cavolo se ha lavorato bene, lei! Mi ero ripromessa di andare nel suo studio, una volta finita la causa, ed aspettare pazientemente che fosse libera, per presentarmi e stringerle calorosamente la mano, complimentandomi per il suo bellissimo lavoro. E viva le donne!, avrei cinguettato, uscendo. Ma l’avrei guardata negli occhi, cercando di farla vergognare. Si vergognano, gli avvocati?

Ieri parlavo con un’amica del fatto che non si può sempre pretendere da noi stesse di essere forti, coraggiose, sul pezzo. Le ho confessato che io, no, io non sono forte. Per niente. Ho finto per anni, e me ne sono resa conto recentemente. Non lo sono, sono uscita malamente da quella brutta situazione non so come e per una serie di coincidenze fortuite, per disperazione. Il coraggio è solo una reazione alla paura. Lei mi ha detto, con un sorriso dolcissimo: ”tu non sei forte? tu sei forte per 8!, è che non puoi sempre spingere”

Forse ha ragione. Intanto, un bel respiro. Finché c’è ossigeno, c’è speranza.

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